La pietra racconta

mag16_pietraracconta“La pietra racconta”, scrive Victor Hugo nel suo “Notre Dame du Paris” e io voglio provare a dimostrarvi che il grande scrittore francese aveva ragione conducendovi davanti alla facciata del Santuario del SS. Crocifisso, a Borgo a Buggiano, e a fare alcune osservazioni insieme. La prima foto, e cioè quella che ci mostra la parte in basso di questa facciata, quella rivestita a pietre, la più antica, ci racconta infatti molte cose. Intanto ci dice che è ben fatta, con tutte le pietre di ugual misura, messe in linea e smaltate, che la sua origine è medievale e che la comunità per la quale fu costruita era poco numerosa. Poi … ci racconta che quando fu costruita, le prime notizie sono del 1260, la chiesa aveva un orientamento diverso. La porzione di muro che vediamo di fronte a noi, l’attuale facciata, era parte del fronte nord. La porta d’ingresso quale vediamo oggi non esisteva mentre l’ingresso era dislocato dove ora si trova la canonica. A conforto di quanto vado asserendo, possiamo osservare che a sinistra è presente una parasta che conclude il lato, mentre a destra la parete è interrotta in maniera poco precisa e si protende verso l’abitazione del parroco, che fu costruita solo dopo il 1324. L. c’era una piazzetta: la chiesa era classicamente rivolta verso il tramonto. (vedi Buggiano Castello) La stessa porzione di facciata ci racconta che ci sono ancora molte scoperte da fare. Se osserviamo attentamente, su una delle pietre a sinistra del portale d’ingresso c’è incisa una scritta “A.D.MCCCXXIIII Hoc opus fecit fieri Tomaschus Benetti” E’ la “firma” del costruttore che nel 1324 ha portato a termine il primo e importante ampliamento, in occasione del quale fu modificato l’orientamento della chiesa che è rimasto poi quello attuale. E’ naturale pensare che se in quel momento fu deciso di modificare l’assetto della chiesa e, più che altro la sua capienza, vuol dire che la volumetria allora disponibile non era più sufficiente, che il paese stava crescendo, che la popolazione era aumentata di numero. Continuando nell’osservazione di questa parte, troviamo anche tre stemmi (erano quattro, ma uno è andato distrutto) e una catena. Tutto questo per raccontarci che nel 1412 i cittadini di Borgo e di altri tre comuni limitrofi andarono a distruggere le catene delle Chiuse sulla Gusciana che impedivano il deflusso delle acque. Fu questa una operazione molto importante perché poterono emergere nuovi terreni che furono ceduti per essere lavorati facendo sviluppare l’agricoltura e crescere il volume di affari del mercato, a parte il risanamento delle condizioni di vita dovute alla presenza di acque stagnanti. Se passiamo ad osservare la seconda porzione di facciata, quella a mattoni costruita in occasione del primo ampliamento e che si conclude con la forma a capanna, possiamo notare un rosone, al centro, che è stato chiuso tra il 1500 e il 1600 per poterci allocare, all’interno, il grande organo meccanico a canne. L’ultimo ampliamento si è concluso nel 1771. I lavori durarono 10 anni e, all’interno, fu costruita anche la cappellina di destra, quella con la cupola. Come possiamo vedere, al pari dell’ampliamento del 1324, anche questo prevede il tetto a capanna. E’ in questa occasione che l’interno “con i suoi delicati rapporti di candidi stucchi e di tempere rosacee e verdine” è diventato quel meraviglioso contenitore barocco di cui parl. (Paragone–1971) il Sovrintendente ai Monumenti di Firenze Antonio Paolucci, attuale direttore dei Musei Vaticani. Negli anni 1970, quando la chiesa fu elevata a Santuario, con Mons. Vittorio Mazzoncini si parl. di rivestire la facciata in marmo. Furono molte le discussioni poi, meno male, prevalse il buonsenso, e la facciata, finalmente ripulita e risanata negli anni 2000, è rimasta “leggibile” a raccontarci la sua storia, la storia della chiesa, la storia del paese e del suo sviluppo negli anni, nei secoli. Dopo la ripulitura della facciata dalle muffe e da tutti gli altri danni che il tempo aveva arrecato, fu provveduto a valorizzare il lavoro fatto con una adeguata illuminazione. L’emozione, fin dalla prima sera della sua accensione, fu enorme. La facciata era diventata un oggetto d’arte di cui andare fieri come borghigiani. Attraversare il paese e trovarsi di fronte a quel manufatto esaltato da quella luce che interrompeva il monotono e triste susseguirsi di negozi chiusi e abbandonati, in un paese in cui le tracce di vita sono diventate una rarità, quella esposizione di una storia straordinaria come quella che racconta quella pietra era quello che si dice uno squarcio di vita. Ora è tutto spento, forse è meglio così..

Prof. Bruno Niccolai

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