Dall’Università di Pisa un progetto per la connessione internet ”ultralarga”

mar16_connessione_internetDall’Università di Pisa un progetto per la connessione internet ”ultralarga”Grazie al progetto europeo “COCONUT”,  coordinato dalla Scuola Superiore  Sant’Anna di Pisa, ci connetteremo  a internet in maniera ancora più veloce.  Tantissimi canali ottici, inseriti nelle  fibre attuali con cui sono compatibili,  porteranno ogni utente a viaggiare  fino a 1Gbit al secondo. Il futuro è dunque  la banda ultra larga, con tantissimi  canali a lunghezza d’onda differente  (definiti WDM) che permetteranno, ad  esempio, di scaricare video a velocità e  con risoluzione mai provate. Il tutto a  costi contenuti perché non c’è bisogno  di intervenire sulle attuali infrastrutture  di rete. Il progetto “COCONUT” (acronimo  di “COst-effective COhereNt Ultradense-  WDM-PON for lambda To-the  user access) è finanziato con un budget  complessivo di circa 4 milioni di euro  ed coordinato dagli scienziati italiani  della Scuola Superiore Sant’Anna di  Pisa. Si tratta di una ulteriore evoluzione  della fibra ottica, con prestazioni più  elevate rispetto alle migliori oggi garantite  dai gestori di rete. Questi sistemi  “ultradensi”, sviluppati in Italia con il  progetto europeo “COCONUT”, garantiscono  un ulteriore potenziamento  della velocità di accesso e del numero  degli utenti che si possono connettere.  Ognuno di loro – per un totale di oltre  300 utenti per ciascuna rete “WDMPON,  “Passive Optical Network” – può  contare su una velocità di connessione  pari a 1Gbit/s. Dopo 3 anni di ricerca  e di test in laboratorio, l’efficacia del  nuovo sistema è stata confermata con  la dimostrazione pubblica dello scorso  5 Febbraio a Pisa, quando è stato utilizzato  anche un tratto di rete commerciale  a fibra ottica della città. Usando i  nuovi sistemi di trasmissione sulla rete  in fibra già operativa, l’esperimento ha  dimostrato come sia possibile da subito  potenziare in misura significativa l’utilizzo  delle odierne infrastrutture di rete  con risultati eccellenti. La stessa tecnologia  può essere impiegata per collegare  a internet le antenne (le cosiddette  “torri”) della rete cellulare, con una velocità  sempre crescente. La prospettiva  appare interessante anche per le future  reti “5G”. Il coordinatore del progetto  è Ernesto Ciaramella, docente di telecomunicazioni  alla Scuola Superiore  Sant’Anna Le università partner sono  Universitat Politecnica de Catalunya  (Spagna) e Athens Information Technology  Center (Grecia), a cui si aggiungono  l’operatore British Telecom (Regno  Unito), le aziende fornitrici di apparati/  dispositivi Ericsson AB (Svezia) e Alcatel-  Lucent 35Lab (Francia), le aziende  Promax Electronica (Spagna), Optronics  Technologies (Grecia). Dei 4.1 milioni di  euro di budget complessivo, 2.8 milioni  sono il contributo diretto della Comunità  Europea. La sfida progettuale era  quella di portare 1Gbit al secondo in  casa di ogni utente è un traguardo che  ha richiesto lo sviluppo di una tecnologia  “di frontiera”. L’obiettivo fondamentale  era provare la fattibilità di una nuova  rete di accesso a internet, sempre in  fibra ottica ma detta “Passive Optical  Network” (“PON”) e che rientra nella  tipologia delle reti a larga banda dette  appunto “Fiber to the home”. «Nella  versione più performante – spiega Ernesto  Ciaramella – le reti ‘PON’ utilizzano la  ‘multiplazione’ di lunghezza d’onda, ovvero  molti canali a lunghezza d’onda diversa  (“WDM”). La nostra intenzione era  di aumentare in maniera significativa il  numero di canali, cioè il numero delle  lunghezze d’onda e, pur mantenendo  la compatibilità con le infrastrutture attuali,  estendere in modo significativo le  dimensioni della rete e quindi il numero  di utenti in grado di connettersi con  un costo accessibile per tutti gli utenti».

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