Monsignor Filippini: una vita al servizio dei più deboli

mar16_vescovo_pesciaMonsignor Filippini ci accoglie nella sede della Diocesi di Pescia con un sorriso misurato, sincero. Un sorriso che emana semplicità, benevolenza e che ispira il dialogo. Proprio quello che serve per iniziare un’intervista al nuovo vescovo della Diocesi di Pescia, insignito della carica nel gennaio 2016. Per Monsignor Filippini è la prima Pasqua da vescovo di Pescia: un momento speciale per lui e anche per molti cristiani residenti in Valdinievole, che ancora magari non conoscono a fondo questo carismatico Uomo di Fede. Un Uomo di Fede che ha scelto di rilasciare un’intervista a Quello che C’è, proprio a ridosso delle festività pasquali. Monsignor Filippini, cos’ha provato interiormente quando ha capito che sarebbe diventato il nuovo vescovo di Pescia? «Sapevo che sarei potuto diventare vescovo, ma non sapevo ancora dove sarebbe stata la mia diocesi. Poi, nel corso dei colloqui pre-investitura, mi è stato chiesto dal Vaticano: “Lei conosce Pescia? Perchè il Santo Padre le chiede di conoscerla a fondo…”. Devo dire che la mia prima reazione è stato di stupore e di meraviglia, soprattutto per la fiducia che il Papa ha deciso di accordarmi. Ma è stata soprattutto una grande gioia, la nostra Diocesi è piccola ma con una forte identità e senso di appartenenza, composta da 47 sacerdoti mediamente di giovane età. E’ una comunità cristiana forte, su cui ci sono tantissime realtà attive nel settore del volontariato. Un territorio su cui si può lavorare molto bene e portare avanti tanti progetti». Monsignor Filippini ci parla con voce calma e ferma, soppesando le parole: dalla sua voce nessuna frase viene detta per caso o come riempitivo; ci troviamo di fronte ad uomo colto e di grande spiritualità. Eccellenza, lei per molti anni è stato cappellano del carcere Don Bosco di Pisa. Porta dentro di sé qualcosa di quella esperienza? «In ogni intervento pastorale è più ciò che si riceve che quello che si dà. Così è stato anche per me. Sono stato a contatto con un’umanità che ha sperimentato la potenza del male, compiendolo e ricevendolo. Spesso però tra queste persone si nascondono persone di rara sensibilità, capaci di sorprendente umanità, solidarietà e fratellanza. E’ stato bello vedere nel tempo, in molti di loro, un riscatto umano e morale, che parte dagli abissi più scuri e arriva a complete rinascite, che si traducono in vite da uomini liberi degne di essere vissute. Ricordo un ragazzo che è stato incarcerato a 19 anni ed è uscito libero solo a 43. Attraverso un lungo percorso interiore di studio e di Fede, questo ragazzo è diventato uomo, si è laureato in agraria ed è uscito dal carcere con la volontà e i mezzi di inseguire il proprio sogno, quello di coltivare piante e verdure. E’ così è stato, tutt’ora produce un olio extravergine di qualità eccelsa. Questo è solo un esempio, ma ce ne sono stati molti come lui. Per un credente è la conferma che la Fede aiuta ed illumina la via, che il Signore perdona tutti, anche coloro che, ad un primo sguardo disattento, non sembrano capaci nulla di buono. In carcere ho visto molti percorsi nati tra le tenebre che hanno portato poi alla luce, e io porto il ricordo di quelle forze dentro di me». L’intervista a Monsignor Angelini prosegue. Passo la parola all’editore di Quello che C’è, Guido Barlocco, che sposta la conversazione su tematiche spirituali e di Fede.

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